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Immagine del redattoreEl Pincha Uvas

Il nome

In realtà, non so bene nemmeno io cosa voglio trasmettere.

Ma ho due concetti che mi premono molto da tempo.

Non so se riuscirò a descriverli bene con le parole.


Ci provo. Partiamo.

 


Prima accezione di "Il nome".

IO AL CENTRO

"Farò di tutto per essere famoso. Voglio che tutti conoscano e ricordino il mio nome".

" Nel mio campo voglio diventare un nome. Voglio essere un riferimento, un punto a cui tutti guardino".


Fa nulla quale sia l'ambito, e fa nulla cosa si sacrifica perchè questo possa accadere.

  • Arrivo a casa così stanco dal lavoro che mi sdraio sul divano senza rivolgere uno sguardo al marito/moglie? Fa nulla.

  • Passo il weekend attaccato al telefono, anche mentre guardo la partita di calcio di mio figlio? Fa nulla.

  • Lavoro nel post pranzo anche in vacanza mentre la famiglia desidera fare altro? Fa nulla.


"Il nome".

Mi importa "il mio nome".

Io voglio essere "un nome".


Mio papà voleva essere un nome. In realtà lo era.

In banca, dove lavorava, era un super nome.

"Teudis" (anche lui si chiamava così) era qualcuno che contava.


Fuori era un nome. Ma in casa succedeva questo.


"Papà, devi ancora lavorare?".

"La vedi quella bistecca? La paga la banca.

La vedi la maglietta che indossi? La paga la banca.


"Mamma, perchè papà non sparecchia mai nemmeno una forchetta?"

"Papà lavora e porta i soldi. Noi lo dobbiamo aiutare a riposarsi".


Lui prima era "il direttore", cioè "il nome".

Poi se c'era tempo era marito, papà figlio e tutto il resto.


Certi criteri/messaggi/giudizi che venivano trasmessi, sinceramente, io spero di NON passarli ai miei tre raggi di sole.


Ma sapete cosa ha fatto mio papà quando sapeva già che il tumore l'avrebbe portato via presto?

"Ragazzi, venite, vi devo parlare. Mi spiace. Ho sbagliato tutto. Mi sono perso tanto di voi e avrei dovuto avere altre priorità. Ora che mi accorgo so che non potrò vedervi grandi, ne conoscere i miei nipoti. Mi spiace". Abbiamo pianto tutti. E tanto.


Lui, "il nome", ha capito che sarebbe stato meglio fare un percorso differente.

Scegliere la strada di "Il mio nome", forse, non era stato un percorso che gli aveva riempito il cuore.


Quante persone perdono tanto per avere cercato di avere "il nome"?


 

Seconda accezione di "Il nome".

L'ALTRO AL CENTRO

  • Studiamo business economy.

  • Facciamo corsi di gestione del personale.

  • Abbiamo esperti in people management.

  • Sappiamo fare business plan, forecast, diagrammi di gantt, organigrammi e altre mille tecniche.


Ma tu sai il nome di chi fa le pulizie nel luogo in cui lavori?

Conosci il nome della cassiera della mensa?

Sai il nome del barista che ti fa il caffè da anni?


Cosa ritieni importante?

La mail, il meeting, la call.... o anche un sorriso/saluto/attenzione a chi ti aiuta tutti i giorni senza essere uno "dei boss"?


Fabio me l'ha insegnato anni fa.

Lui era il cuoco di un luogo dove io ero il direttore.

Ho sempre tentato di ascoltare chi è più avanti di me. Lui lo era.


"Teudis, sai come ci si guadagna il rispetto nella ristorazione?

Volendo bene al lavapiatti.

Lui è sempre il meno considerato.

Ma senza di lui il ristorante non potrebbe funzionare.

Abbia cura di lui.

E senza accorgerti avrai cura di tutti".


Grazie Fabio. Sono passati 15 anni. E questo tuo insegnamento è diventato un mantra per me.


Da allora ho sempre fatto così.

L'ALTRO AL CENTRO. E' il suo nome che è importante.


E sai che cosa è una figata?

Che quando metti al centro il nome di un altro in modo sincero, anche il "tuo nome" diventa forte e gustoso.

Se non pensi solo a te stesso, "Il mio nome" diventa "Il suo nome".

E tutto diventa "Il nostro nome".


Non c'è più spazio per "io, io e io".

Ma tutto diventa un bellissimo "noi".


E tutto prende una luce contagiosa e bellissima.



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EL PINCHA UVAS

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