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Il follower

  • Immagine del redattore: El Pincha Uvas
    El Pincha Uvas
  • 27 mag
  • Tempo di lettura: 3 min

Aggiornamento: 28 mag

Non si tratta di chi.

Si tratta di cosa.

Si tratta di come.


Un giorno mi serviva qualcuno che mi aiutasse a fare una cosa.

C'è chi dice che io conosco tanta gente. Non so se vero o no.

In quel caso conoscevo qualcuno che mi ha presentato qualcuno che mi ha aiutato a fare qualcosa.

Questa cosa si ripropone spesso. Sempre.

Penso che anche io, ogni tanto, sono quel qualcuno che aiuta qualcuno a fare qualcosa.

Ad ogni modo, circa dieci anni fa, ci siamo conosciuti.


Quel qualcuno aveva un'azienda. Lavorava per se.

Era troppo piccolo per ingrandirsi, e assumere altri.

Ma era troppo grande, ormai, per dover fare tutto da solo.

Era in un limbo.

Si dava da fare. Non mollava.


Poi è arrivato il Covid. Pam!

Gli ordini si sono fermati. I clienti si sono congelati. E le prospettive, nulle.

E lo Stato, l'agenzia delle entrate, bussava sempre alla porta. Quella non congela mai.

Fossero maledetti, questi soldi. Io li odio.


E' passato il tempo, non in modo indenne, ed il mio amico ha trovato altro da fare. Non era più padrone di se' stesso. Qualcuno era padrone del suo tempo, delle sue scelte. Era cambiato tutto. Lavorava per altri.

Maledetto Covid. Maledetti soldi.

"Come va?".

Lui rispondeva sempre con belle parole.

Ma anche quella esperienza non è andata bene.


Nel frattempo, anche in casa accadevano cose, e non erano quelle che ci si aspetta se si vuole un percorso sereno e felice.

Ci parlavo.

Ed era bellissima la sua presenza, i racconti sui figli, l'amore per la moglie.

Bellissimo il suo essere attento.

Bellissimo il suo sorriso.

Sempre. Qualunque cosa accada.


Come quella volta, in cui non me la passavo bene in un certo posto di lavoro e mi è squillato il telefono: "Hey, ti puoi sganciare a pranzo? Siamo da te tra 45 minuti".

A sorpresa, in un posto ad oltre 100 km da casa sua, lui e un altro amico, sono venuti da me solo per dirmi: "Noi siamo con te, amico nostro".


Sabato ero in giro col camper. Sono inconfondibile.

C'è un cartello gigante con scritto "El Pinchauvas".

Non può essere il camper di nessuna altra persona al mondo.

E' presto. Mi squilla il telefono.

"Hey, ero io che ti ho suonato. Sai che vederti mi ha rallegrato la giornata? Sono sincero, è stata la cosa migliore che mi poteva capitare".

"Ma dove stai andando?".

"A lavorare. I weekend lavoro anche per un catering. Faccio il cameriere".


Gli ho chiesto come mai facesse il cameriere, alla sua età.

Sono un cretino. Gli ho chiesto scusa.

Se avesse i soldi di Messi, non sarebbe necessario farlo.


"Tu non ci credi. Ma io sono un tuo follower. Sono sincero. Io ti seguo e ti seguirò". Me lo dice da tantissimi anni.


Non è vero amico mio.

Ho pensato molto a te da sabato.

Anzi, non ho smesso un secondo.

Sono io che sono un tuo follower.


Sei un esempio che la vita può essere affrontata.

Che non serve avere il broncio o essere arrabbiati con il mondo per poter venire fuori da qualunque situazione.

Sei l'esempio che si può sempre ricominciare.

Sei l'esempio, silenzioso, di come si può essere veri uomini in questo mondo così complesso.


Non si tratta di chi.

Si tratta di cosa.

Si tratta di come.

Ti guardo, e ti seguo.


Sì, sono io che sono il tuo follower.

Ti seguo e ti seguirò.



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EL PINCHA UVAS

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